In effetti non condivido l'interpretazione che Pacini, nell'editoriale in oggetto, da` del riferimento all'articolo 3 della costituzione. La mia interpretazione e` che la legge deve valere per tutti allo stesso modo e che taluni diritti possono essere limitati o negati solo in conseguenza di un provvedimento giudiziario; ad una persona giudicata colpevole di terrorismo non verra` certo riconosciuto il diritto di girare liberamente per il paese. Ma secondo la legge deve essere un giudice a stabilirlo non le forze dell'ordine. Similmente per stabilire che una persona e` colpevole di immigrazione clandestina e che va espulsa dovrebbe occorrere, contrariamente a quanto prevederebbe la legge in discussione, un provvedimento giudiziario. Prima di quel provvedimento alla persona in questione devono essere riconosciuti tutti i diritti di un libero cittadino, per esempio il diritto di contestare di fronte ad un giudice l'accusa che gli viene mossa. Mi spiego meglio con un ipotetico caso. Supponiamo che io, italiano dalla nascita, e un immigrato veniamo entrambi accusati di immigrazione clandestina ed espulsi. E` evidente che perche` non sia commessa un'ingiustizia nei miei confronti deve essermi concessa la possibilita` di contestare l'accusa. Ma se tale possibilita` non venisse concessa anche all'altra persona, magari perche` molto scura di pelle o perche` frequenta le moschee, non verrebbe rispettato l'articolo 3 della costituzione. Soltanto quando un giudice avra` sentenziato che io non sono clandestino e l'altro si` sara` corretto prendere provvedimenti nei suoi confronti. In altri termini per rispettare i diritti del cittadino occorre riconoscere quei diritti a qualunque persona, almeno fino a quando non si stabilisce legalmente che quella tale persona non e` un cittadino o che e` colpevole di qualche reato.